Alla ricerca di nuove competenze
Le imprese fanno sempre più fatica a trovare nuovi talenti da assumere, anche a causa degli strascichi lasciati dall’emergenza pandemica. Secondo un report del World Economic Forum, il cosiddetto “talent shortage” colpisce ormai tre aziende su quattro. Entro cinque anni, aggiunge lo studio, l’87% delle imprese dovrà fare i conti con la mancanza di competenze adeguate all’interno della propria forza lavoro. Il problema, scrive il Corriere, non accenna a diminuire. Anzi, la percentuale sulla carenza di competenze aumenta di anno in anno: rispetto al 2021 il balzo in avanti è dell’8,7% e del 120% se comparato a dieci anni fa.
Problema italiano
Il problema colpisce anche il nostro Paese, dove il dato relativo alla carenza di talenti è alto e vicino alla media globale. Una caratteristica che rischia peraltro di rallentare la crescita economica post-Covid. Stando ad uno studio di Upwork’s Future WorkForce, il 70% delle aziende prevede di assumere personale nei prossimi mesi, a patto che si riescano a trovare i profili compatibili con le esigenze delle organizzazioni. Spesso, infatti, il problema non riguarda semplicemente la carenza di candidati nelle posizioni richieste, ma, più nello specifico, la mancanza di competenze adeguate per ricoprire quel determinato incarico. Un fenomeno che oggi interessa soprattutto i settori dell’information technology, del marketing, del manifatturiero e del front office.
Quale soluzione
Del tema se ne è occupata anche la società di consulenza internazionale McKinsey, che in una recente ricerca “The skillful corporation” ha mostrato come, allo stato attuale, il 43% delle aziende afferma di avere carenza di competenze all’interno della propria forza lavoro, percentuale che aumenta all’87% se allunghiamo l’arco temporale considerato fino ai prossimi 5 anni. Ma come reagiranno le imprese dinanzi a questo fenomeno? Per il 53% delle organizzazioni l’azione più utile per colmare queste lacune sarà quella di reskillare i propri dipendenti, seguito dall’assunzione di nuove risorse (20%) e dalla ridistribuzione della forza lavoro con nuovi incarichi e posizioni (sempre al 20%).
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