Home » Raffaele Di Staso: raccontare un brand, costruire relazioni, creare valore

Comunicare oggi non è mai stato così complesso e affascinante. La velocità delle notizie, l’interazione continua tra brand e consumatori e l’evoluzione dei media digitali hanno trasformato profondamente il lavoro di chi si occupa di PR e Media Relations.

In questa intervista, Raffaele Di Staso, PR & Media Relations Coordinator di WeRoad, ci porta dietro le quinte del suo lavoro, approfondendo le sfide quotidiane della comunicazione moderna. Dalla gestione della crisi alla costruzione di un’identità coerente su piattaforme diverse, passando per l’importanza di lavorare con le media company, Raffaele condivide insight e strategie per affrontare con successo il panorama mediatico in costante evoluzione.

Quali sono i principali fattori che, ad oggi, rendono complesso il lavoro di chi comunica? 

Oggi la velocità è tutto: le notizie si diffondono in tempo reale, i trend emergono e scompaiono in poche ore, e i social media hanno trasformato il pubblico in un partecipante attivo. Non è più sufficiente rispettare le scadenze: bisogna essere sempre “sul pezzo” e pronti a reagire.

Inoltre, i destinatari delle comunicazioni si sono moltiplicati: non parliamo più al pubblico attraverso i giornalisti o le redazioni, ma anche con creator, pagine social e perfino con le community stesse. Questo rende tutto più dinamico, e un ufficio stampa deve saper dialogare con più interlocutori, trovare il linguaggio giusto per ciascuno di loro e inserire il touch point giusto all’interno di una strategia ben definita.

A tutto questo si aggiungono le alte aspettative del pubblico: trasparenza, utilità e rilevanza della notizia non sono un plus, ma una necessità.

È sempre possibile conciliare ciò che l’azienda vorrebbe comunicare con le esigenze e le “regole” di un ufficio stampa?

Non solo è possibile, è essenziale. Il nostro lavoro non è quello di fare da megafono all’azienda, ma di agire come veri e propri “partner strategici”. Spesso le aziende vorrebbero comunicare “tutto” e subito, ma il nostro compito è portare ordine, aiutandole a identificare ciò che è davvero rilevante, coerente con i loro valori e in grado di costruire un racconto efficace verso l’esterno.

Poi, bisogna capire cosa è notiziabile o come rendere un fatto tale. Può capitare, ad esempio, che un’azienda voglia promuovere un messaggio che non ha le caratteristiche di una notizia. In questi casi, è essenziale proporre alternative, raccontare la storia da un punto di vista diverso e costruire un messaggio che funzioni sia per i giornalisti sia per il target finale. È un equilibrio delicato, ma quando funziona… i risultati possono essere straordinari, offrendo grande soddisfazione sia all’azienda che a chi gestisce la comunicazione.

Nel panorama mediatico e informativo attuale, in cui una delle principali sfide a cui devono far fronte i professionisti della comunicazione è la velocità con cui accadono le cose e si diffondono le notizie, come ci si muove in un momento di crisi?

La rapidità è sicuramente essenziale, ma in situazioni di crisi deve essere sempre affiancata da una strategia chiara e ben definita. Il primo passo è raccogliere tutte le informazioni disponibili: non si può comunicare senza avere un quadro completo della situazione.

Un altro elemento cruciale è la trasparenza: nel momento in cui il pubblico percepisce che stai nascondendo qualcosa, perdi del tutto credibilità. È importante comunicare solo ciò che si sa con certezza, evitando ipotesi o promesse che non si possono mantenere.

Infine non si può trascurare la coerenza: che si tratti di un comunicato stampa, di un post sui social o di un’intervista, il messaggio dev’essere uniforme su tutte le piattaforme, per riflettere i valori e la posizione dell’azienda.

Quali vantaggi possono portare le media company a un brand che cerca di aumentare la sua visibilità?

Le media company sono a tutti gli effetti delle testate giornalistiche e, anche chi non lo è ufficialmente, è percepita all’esterno come tale. Proprio come i giornali tradizionali, adottano un approccio narrativo, si concentrano su temi specifici, hanno rubriche ben definite e un pubblico di riferimento. Per un professionista delle PR, collaborare con queste realtà è indispensabile, soprattutto oggi, in un momento in cui i giornali tradizionali vengono letti sempre meno e da sempre meno giovani.

Inoltre, credo che in qualche modo la “conversione” – e cioè le persone che grazie alla visibilità ottenuta su una media company iniziano a conoscerti – sia più immediata ma forse più effimera per via della velocità dei social media. È fondamentale ricordare che le attività di PR non sono mirate alla vendita, ma al posizionamento e alla costruzione di un’immagine solida e credibile. Apparire in modo organico su piattaforme come Il Sole 24 Ore o Factanza contribuisce a rafforzare l’autorevolezza del brand. C’è ancora quel senso di fiducia che porta le persone a pensare: “L’ho letto sul giornale, quindi è vero.”

Qual è la chiave per mantenere un’identità di brand coerente su diverse piattaforme?

La coerenza non significa uniformità, ma capacità di adattarsi mantenendo il proprio DNA. Ciò è possibile solo se hai una strategia chiara e se conosci a fondo i valori del tuo brand.

Un altro elemento chiave è lo storytelling: raccontare storie vere, autentiche, che riflettano ciò che il brand rappresenta. E non dimentichiamo che oggi i brand non parlano solo di loro stessi, ma anche di quello che succede nel mondo guardando all’attualità e ai bisogni del proprio target.

Nel caso di WeRoad, ad esempio, non ci limitiamo a raccontare solo i viaggi di gruppo, ma parliamo di esperienze reali, connessioni umane e di tutto ciò che riguarda la vita del target. Decliniamo il nostro messaggio su ogni piattaforma, senza mai perdere la nostra identità, grazie ad una visione chiara di chi siamo. Adattiamo il linguaggio e i formati ai diversi canali, sempre mantenendo il cuore del messaggio ben riconoscibile.

 

 

 

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