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Viliotti (Innovation Strategist): “L’AI generativa rivoluzionerà il mondo del lavoro e non solo”

L’intelligenza artificiale generativa avrà un impatto rivoluzionario sul mondo del lavoro. Man mano che le grandi aziende del settore svelano le potenzialità dei loro modelli – pensiamo a OpenAi con Chat Gpt o Google con Gemini – è sempre più difficile dubitarne. Abbiamo chiesto ad Andrea Viliotti, Innovation Strategist, di aiutarci a ipotizzare quali saranno i cambiamenti più rilevanti e quali le strategie utili per affrontare con consapevolezza questa rivoluzione ormai alle porte.

Si parla di impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro. Ma di quale intelligenza artificiale parliamo? In cosa differisce l’AI generativa?
Sono decenni e decenni che l’intelligenza artificiale è utilizzata nel mondo del lavoro, anche se a volte non ce ne rendiamo conto. Per fare un esempio, è l’intelligenza artificiale che permette il riconoscimento ottico dei caratteri per leggere gli indirizzi della corrispondenza postale, procedura introdotta negli anni ‘90 in Italia. L’AI generativa rappresenta però un cambiamento sostanziale perché riesce a fare qualcosa di più: simula il nostro cervello ed è impressionante la velocità con la quale sta migliorando nei risultati. Attualmente, nel mondo del lavoro, l’AI generativa si utilizza come assistente, anche se allo stato attuale risulta poco performante. Prendiamo come esempio Chat Gpt, che è il chatbot più funzionale per l’utente, ed è stato addestrato su una quantità abnorme di informazioni trasversali. Nel mondo del lavoro però non è sufficiente e non lo è in particolare nel nostro Paese dove ci sono tante piccole e medie imprese e ciascuna ha un suo approccio nella realizzazione del prodotto che vende e c’è un alto grado di inventiva nel farlo, più che in altre realtà. L’AI in generale, ma l’AI generativa in particolare, andrebbe addestrata in modo da rispondere all’approccio dell’azienda dove si vuole applicare. Qui emerge un aspetto di fondamentale importanza, quello della fruibilità dei dati aziendali. In Italia abbiamo un grande problema con la connessione e la disomogeneità dei dati. Ci sono due tipi di aziende: quelle digitalizzate e quelle informatizzate. Le aziende informatizzate, che rappresentano il 99% delle nostre realtà, hanno diversi sistemi di dati, a seconda del comparto di riferimento, che sono scollegati tra loro. Le digitalizzate invece hanno sì diversi sistemi, ma sono in dialogo tra di loro. In un’azienda informatizzata si per

de molto tempo dunque nel reperire i dati che servono (e servirebbero ad addestrare il sistema di AI generativa), perché sono scollegati e bisogna interrogare sistemi diversi che non si parlano e poi mettere insieme le informazioni. In un’azienda digitalizzata, invece, l’ingresso dell’AI generativa sarebbe più semplice perché bisogna interrogare un unico sistema di dati.

Prevede una differenza tra l’impatto dell’AI “classica” e l’AI generativa?
Non c’è un lavoro al mondo che in un modo o nell’altro non sarà influenzato dall’AI generativa. Riguarderà ogni lavoro anche perché l’AI generativa sarà traslata nei robot. L’AI è già entrata nelle fabbriche, ma con l’intelligenza artificiale generativa le macchine hanno una caratteristica che prima non avevano: sono capaci di dubitare, quindi se impartisci alla macchina un compito in linguaggio naturale, questa simula come realizzare quel compito e se non capisce come farlo al meglio ti chiede come procedere. Facciamo un esempio: prima, se la macchina non trovava la chiave inglese perché non era nella posizione in cui doveva essere, il processo si bloccava, una macchina che utilizza l’AI generativa, invece, ti chiede dov’è per risolvere il problema.

Quali settori del mondo del lavoro stanno subendo i cambiamenti più significativi a causa dell’intelligenza artificiale generativa?
Io credo, come dicevo, che in prospettiva riguarderà qualsiasi settore. La differenza sarà quanto conta la capacità critica dell’essere umano in quel lavoro. Se conta molto, l’AI generativa sarà un assistente, se si tratta di un lavoro ciclico-ripetitivo è prevedibile che vada a sostituire l’essere umano. Uno studio condotto da Harvard Business School in partnership con The Boston Consulting Group ha testato l’uso di Chat GPT su circa 700 consulenti aziendali. Dall’analisi dei risultati è emerso come i consulenti entry level abbiano ottenuto una maggiore qualità e velocità nell’eseguire le loro mansioni, i mediamente skillati abbiano mantenuto più o meno invariata la qualità incrementando la velocità di esecuzione, mentre i mediamente skillati hanno aumentato la velocità nel loro lavoro, ma con una evidente diminuzione in termini di qualità. Da questo studio emerge come a ottenere maggiore beneficio siano coloro con meno skills, ma sono anche quelli che rischiano maggiormente la sostituzione. Alle capacità attuali, i lavori meno a rischio sono quelli in cui la mente umana fa la differenza, ma se esiste una letteratura che spieghi dettagliatamente l’attività che una persona svolge, il sistema un giorno potrà arrivare a svolgerla allo stesso modo e più velocemente. Quello che mi sconvolge è la velocità di miglioramento delle piattaforme. Se diamo un’occhiata ai settori in cui si applica l’intelligenza artificiale da anni vediamo già che ha avuto un grande impatto: nel vitivinicolo, ortofrutticolo, idroelettrico e chimico è quasi tutto già automatizzato. Anche nel settore cinematografico. Nel metalmeccanico esistono da anni le dark factory, dove non ci sono operai che lavorano ma solo macchine che necessitano esclusivamente di manutenzione. In un futuro non così lontano, con l’AI generativa, possiamo immaginare dei magazzini di logistica che funzionano nello stesso modo, senza personale umano.   

Come prevede che l’intelligenza artificiale influenzerà la domanda di competenze specifiche nei prossimi cinque anni?
Io credo che la capacità mnemonica sarà sempre meno importante, invece la capacità computazionale – cioè l’abilità di tradurre un problema in step e di contestualizzare la richiesta – e la capacità critica, che deriva dalla profonda competenza specifica su un settore, diventeranno fondamentali. L’altra skill fondamentale sarà rappresentata dalla capacità di pensare in modo diverso, fuori dagli schemi, in modo artistico e creativo, creando connessioni non standardizzate. L’assimilazione passiva e meccanica dei concetti dal mio punto di vista non avrà più alcuna utilità. Quando l’AI tra 10 anni cambierà in modo importante le regole del lavoro anche la struttura sociale cambierà radicalmente. Il problema vero è che c’è poca consapevolezza dell’impatto strutturale che avrà l’AI generativa. Bisogna capire che rivoluzionerà tutto e prepararsi al suo avvento è fondamentale, ma purtroppo è un dibattito assente in questi termini.

In che modo le diverse generazioni (Baby Boomers, Gen X, Millennials, Gen Z) stanno reagendo all’introduzione dell’intelligenza artificiale nei loro ambienti di lavoro?
Secondo me non è una questione generazionale, ma di forma mentis. Se una persona ha sviluppato le capacità di cui abbiamo parlato precedentemente ha già tutti gli elementi necessari per affrontare questo cambiamento. Se non le ha, deve formarsi al più presto. Secondo me è necessario un profondo cambiamento culturale che sicuramente deve partire dalla scuola, dalle famiglie, ma direi dai principi sui quali si basa il nostro modello di apprendimento. 

Le aziende stanno lavorando su formazione e reskilling dei propri dipendenti?
Solo l’11% delle aziende a livello globale utilizza sistemi di AI generativa e di conseguenza forma il proprio personale, quindi possiamo dire che si fa poco attualmente in questo senso. 

L’intelligenza artificiale sta creando nuove opportunità di lavoro? Se sì, quali generazioni ne stanno beneficiando di più?
Non ci saranno nuove opportunità di lavoro, ma ogni lavoro si riassesterà. Ne gioverà chi avrà la forma mentis adatta per governare questo processo senza farsi fagocitare. 

L’intelligenza artificiale potrebbe contribuire a ridurre il divario generazionale nel mondo del lavoro?
Uno dei grossi problemi nelle aziende è il travaso generazionale e il turn over. Quando una persona se ne va il suo know how sparisce e non viene trasmesso a chi resta e questo è uno spreco enorme. L’AI generativa potrebbe dare un enorme vantaggio ad aziende e lavoratori perché se quel know how è tradotto in formazione verticale per il sistema a quel punto rimane nell’azienda e si trasforma in know how aziendale. Potrebbe permettere a un dipendente di “parlare” con persone che hanno fatto la storia di quell’azienda e apprendere da loro. Quindi, per rispondere alla domanda, potenzialmente sì.

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