Addio al cartellino?
A causa della pandemia e dello smart working sono ormai diversi anni che in Occidente si parla della settimana lavorativa corta, tra reticenze più o meno forti. Le aziende che stanno testando questa possibilità sono numerose, specialmente negli Stati Uniti e in Europa. Nel Regno Unito, per esempio, è stato condotto un test pilota che ha interessato 70 aziende di diversi settori. L’86% di loro ha dichiarato che intende mantenere la settimana corta anche dopo la fine dell’esperimento.
- La settimana corta non riduce la produttività, dice uno studio (Nyt).
Fuori dall’Italia
Ma la novità è approdata anche in altri Paesi. Lo scorso anno in Spagna il governo guidato da Pedro Sanchez ha lanciato un progetto pilota volto a ridurre le ore di lavoro da 39 a 32, mantenendo invariati gli stipendi. In Portogallo la settimana lavorativa corta non è un esperimento ma una normalità da diverso tempo. Poi c’è il Belgio, dove l’esecutivo ha persino introdotto il “diritto alla disconnessione” dopo l’orario di lavoro. I vantaggi derivanti dalla settimana corta, del resto, sono numerosi non solo per chi lavora ma anche per le aziende e le istituzioni. Il primo fra tutti è in termini di consumo energetico e denaro: meno persone in ufficio infatti significa risparmiare sulle bollette per le aziende, mentre per i dipendenti si ottiene un netto taglio dei costi di trasporto.
Le eccezioni
In Italia a fare da apripista è stata Intesa Sanpaolo, il primo istituto nel settore bancario a lanciare la settimana corta a parità di stipendio (La Repubblica). L’idea è permettere ai dipendenti di lavorare 4 giorni alla settimana anziché 5, lavorando 9 ore al giorno rispetto alle 7 ore e mezza attuali, e mantenendo il 100% della retribuzione prevista con la settimana tradizionale. Nel cuore di Torino, racconta il Corriere, ci sono anche altre piccole realtà che stanno provando a introdurre un nuovo modo di lavorare: smart working libero e settimana corta, purché si portino i risultati.
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