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Il futuro della settimana corta

Il dibattito sulla settimana corta è più vivo che mai, anche se storicamente non è certo cosa nuova. Nel 1926, infatti, la Ford aveva già standardizzato il suo modello lavorativo dal lunedì al venerdì. Si trattava di un’assoluta novità in un’epoca in cui era pratica comune la settimana lavorativa di sei giorni, con le sole domeniche libere. La teoria di Ford era che lavorare cinque giorni con la stessa retribuzione avrebbe aumentato la produttività dei lavoratori perché i dipendenti si sarebbero impegnati di più durante la settimana, con benefici per il benessere di tutti (Financial Times). 

Cambiamenti La teoria si rivelò esatta, e così nei decenni successivi la settimana di cinque giorni divenne la nuova normalità. Già negli anni Quaranta i sindacati iniziarono a chiedere la settimana di quattro giorni, ma la richiesta rimase inascoltata per i successivi decenni fino ai giorni nostri. A marzo del 2020, secondo un rapporto della società di consulenza americana Gallup, su oltre 10mila dipendenti a tempo pieno, solo il 5% lavorava una settimana più breve. Poi è arrivata la pandemia e le cose sono di nuovo cambiate, portando un ripensamento totale dell’organizzazione in ufficio da parte dei manager. Presentata da molti esperti come la panacea di tutti i mali contro il burnout e lo stress, molte aziende hanno iniziato a valutare la possibilità di introdurre la settimana corta per i loro dipendenti. In questo momento molte aziende sono alla ricerca di nuovi modi per attrarre e trattenere i migliori talenti. Negli Stati Uniti si stima che su 4mila lavoratori, l’83% desidera una maggiore flessibilità, ma la settimana più corta potrebbe non significare necessariamente meno lavoro (NBC News).

Pro e contro Se alcuni dipendenti potrebbero resistere ad una settimana di lavoro più intensa, con un orario di lavoro allungato e meno pause durante la giornata, per altri questo potrebbe comportare un carico meno gestibile, scrive la Bbc. Per alcuni esperti la settimana lavorativa corta rischia infatti di rivelarsi solo un modo per aumentare la pressione sul personale trascurando, invece, la necessità di fare una più attenta e importante riflessione su come rendere più sostenibile il lavoro dei nostri giorni. 

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